Il tempo che conta
Sono bastate due o tre telefonate con un paio di amici, per innescare la macchina dell’immaginazione. Il viaggio insieme. Il ritiro dei pettorali. La sera della vigilia. Il colpo di cannone e quei secondi, che sembrano infiniti, prima di cominciare a camminare e poi a correre prendendo il passo gara.
Credo che anche Massimiliano e Stefano, i mie futuri compagni di avventura alla Maratona di Berlino, siano stati percorsi da questi pensieri. Per ciascuno di noi sarà la seconda major. La prima dopo New York. Stefano la corse un paio di anni fa. Io e Max nel 2016. Fianco a fianco.
Ci siamo posti l’obiettivo delle 3 ore 59 minuti e 59 secondi. Stefano è andato diverse volte sotto le 4 ore. Per Max, invece, sarebbe il primato personale. Quanto a me, se limassi un’ora e cinque minuti al mio, abbatterei il record mondiale e il muro delle 2 ore. Se non a Berlino, dove?
Ma, credetemi, non è il tempo sul display che conta. E nemmeno il real time. Quelli sono numeri. Tra qualche anno ce li dimenticheremo. Il tempo che conta è l’anteprima di vita, la proiezione nel futuro, la promessa delle emozioni che la strada ci regalerà.